giovedì 26 luglio 2012

Un dono dal nome Jasminum

La gentile signora che si fa chiamare Josei mi ha invitata a restare nella sua casa fino a quando non sentirò io stessa il bisogno di andare via.
Mi ha raggiunta sul portico, dove io stavo, e con un sorriso raggiante mi ha consegnato una borsa di tela scura e rovinata, un vestito elegante di seta e una chiave, per poi accompagnarmi verso quella che è ormai diventata la mia camera.

L'accesso a questa bella stanza può avvenire in due modi, uno attraversando il giardino interno, ricco di alberi in fiore ed arbusti, e l'altro utilizzando il corridoio interno, quello che collega la sala del pranzo alle stanze per il riposo.

Una volta entrata chiuse la porta alle sue spalle lasciandomi nel silenzio più assoluto.
Avevo ora a mia completa disposizione un letto forse troppo grande per una persona sola, arricchito da una coperta di una stoffa broccata color porpora; uno splendido scrittoio in legno rossicco con sedia e tutto ciò che può servire per la scrittura; un cassettone per riporre i miei pochi vestiti ed un bagno privato con teli di lino puliti ed unguenti per il corpo già posizionati.

Il giardino interno è ben illuminato e ricco di fiori, aprendo la porta di vetro si può far entrare l'odore della primavera e proprio mentre lo feci vidi quel fiore sul tavolo appena fuori.

Era un fiore bianco, debole, ma forte nello stelo.
Liscio al tatto e dai contorni variabli sul rosa ed il giallo.
Era stato potato da poco, ancora perdeva i suoi oli essenziali dall'odore delicato, ma potente.

"Si chiama Jasminum o Gelsomino"
mi disse l'uomo sbucando lentamente da dietro un'albero.

"Un nome così bello per un fiore così bello"
dissi.

"Sì, lo è. 
Ha un profumo inebriante e contiene delle proprietà curative. 
Ha mai visto un fiore di Jasminum prima d'ora?"
Mi chiese venendomi incontro sforgiando un delizioso sorriso.

"Sì"
risposi ricambiando il sorriso con in leggero inchino del capo. Gli dissi che quel fiore mi ricordavano delle mura di alcune abitazioni di un certo paese. Erano delle mura alte e completamente ricoperte da fiori gialli, bianchi, rossicci ed emanavano un'odore simile...molto dolce.

"E' un dono... per lei, con la speranza che l'aiuti a ricordare"
disse il giovane uomo indicando il fiore che avevo in mano.

Rimasi in silenzio per un attimo, cercando di mascherare con un sorriso elegante il lieve disagio che quel dono non programmato mi aveva procurato.
"Chi devo ringraziare per questo?"
domandai guardandolo in volto... un volto elegante, poco aggressivo, ma consumato dal tempo.
"Danilo, signora. Questo è il mio nome"
disse lui sorridendo di nuovo.

Feci nuovamente un debole inchino sorridendo e tenedo fra le mani quel fiore quasi addormentato
"Grazie, signor Danilo. Terrò questo fiore come un prezioso tesoro
e un lieto ricordo" 
mantenni lo sguardo basso, fino a quando la sua mano non toccò il mio mento e lo portò in alto, verso il suo.

"Spero che le porti via questo velo di tristezza"

Indietreggiai di mezzo passo
"Io non ho dolore e tristezza da portare, signore.
Ho solo un quaderno di cuoio, poche scritte che non comprendo
ed ora avrò un Jasminum tra quelle pagine.
Ma mi dica, abita qua da molto tempo?
Conosce bene Josei, la padrona di questa casa?"

Divenne d'un tratto più cupo, serioso
"No, sono in questo paese di passaggio, 
ci vengo spesso per fare delle visite a delle famiglie che ho conosciuto.
Di Josei so che è una brava padrona di casa ed una donna di buon cuore.
Conoscevo molto bene suo marito."

Sorrisi
"Josei è una donna molto buona e brava.
Mi ha accolto in casa sua come fossi sua figlia.
Di suo marito so solamente che è un mercante di stoffa, 
sempre in viaggio su dei mercanzili.
Anche lei è un mercante?"

Danilo si guardò le mani, grosse e rovinate
"No. Non sono un mercante. 
Io sono un cavaliere.
Ma come un mercante sono abituato a viaggiare molto,
so adattarmi bene"
Terminò lui senza togliere lo sguardo da quelle sue mani.

"E non sente il desiderio di rivedere la sua famiglia qualche volta?"
Chiesi.
Lui si massaggiò il collo con la mano destra e mi guardò
"La mia famiglia, ora, sono gli avventori, gli amici che ritrovo durante i miei viaggi
e le giovani ed avvenenti donne dagli occhi a mandorla.
Non mi fraintenda, vorrei tornare, ma non posso.
Sono stato cacciato molto tempo fa.
Ormai è una storia passata"
Chiuse gli occhi, come per scacciare qualche brutto pensiero e rimase in silenzio.
Mi scusai per la domanda poco discreta e lasciai correre la frase riguardanti le donne. Mi accorsi solo allora di avere ancora fra le mani il Jasminum, ormai non perdeva quasi più e stava prenendo un colore bianco sporco, ma comunque meraviglioso.

"Allora, cosa vede mentre lo guarda?"
Mi chiese il cavaliere.
Aprii meglio le mani e lo guardai


Buio improvviso.
Gli alberi in fiore erano ora come scheletri, ombre di loro stessi.
Il giardino si mosse, per via del vento.
Mi guardai intorno e non riuscii più a scorgere il cavaliere ed il cielo aveva assunto un colore violaceo.
Il fiore di Jasminum mi era caduto di mano e ora si trovava in terra, inerme e morto.
Indietreggiai fino a toccare il tavolo, era freddo, così freddo da risultare bagnato.
Sentii dei passi, lenti, impercettibili, ma c'erano.
Cercai nuovamente il cavaliere, ma non riusii a scorgere nessuno, se non quell'ombra curva dietro il piccolo frutteto.
L'ombra muoveva il capo lentamente, ondulando il corpo.
E' bastato un po' di luce in più e la vidi.
Josei se ne stava in mezzo al frutteto, con i suoi lunghi capelli color argento bene acconciati.
Aveva indosso un vestito dalle trame eleganti, di un color rosso sangue. Se ne stava là, ondeggiando il corpo come se fosse sospesa dal vento.
Mi guardò.
Gli occhi erano grandi, penetranti, rossi come il vestito.
"Shiiiiiiiiiiiii"
disse e ripetè quella strana parola come se fosse un sibilo.
Mosse la mano, mi indicò. Aveva le unghie lunghe, appuntite, laccate di nero.
Finalmente ebbi il coraggio di muovermi e con le braccia mi coprii le orecchie, chiusi d'istinto gli occhi e rimasi in quella posizione non so per quanto tempo.


"Tutto bene?"
Mi chiese il giovane cavaliere dal nome latino. Mi guardò perplesso e preoccupato al tempo stesso.
Mi ripresi lentamente.
Tutto era tornato nella normalità. Gli alberi avevano ripreso i loro fiori e i loro frutti, il cielo era di un'azzurro intenso e Josei se ne stava probabilmente nella sua camera a leggere qualche testo.

Dissi di sì, feci un'inchino e mi congedai dal cavaliere, da quel ricco giardino primaverile lasciandomi alle spalle la sensazione di desolazione provata pochi istanti prima.


Mentre stendo queste ultime righe di questa giornata inquieta e lieta allo stesso tempo ritrovo da queste pagine il Gelsomino, un po' rovinato, bianco sporco, ma dalle venature quasi scarlatte.
Cosa penso quqndo lo guardo?
Penso al tè caldo preso al crepuscolo, ai muri di quella città sconosciuta inebriati dal loro odore, penso agli unguenti che le donne si passano minuziosamente su tutto il corpo dopo un bagno caldo e penso anche un po' alla morte.


Per questo "Primo Incontro" Ringrazio: Danilo Puce

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